Filippo di Ser Brunellesco

La Catena dei Castagni


Filippo Brunelleschi, cosciente della deformazione elastica che una struttura di tali dimensioni avrebbe subìto durante e dopo l'esecuzione, adottò come dispositivo di sicurezza e di aiuto alla struttura una catena lignea, con lo scopo di circoscrivere la cupola dove le tensioni innescate dalla stessa (spinte verso l'esterno) fossero eccessive. Non a caso essa fu posizionata in prossimità del tamburo.
 



Storicamente, le prime informazioni che abbiamo "sulle catene", dette "chatena de castagni" risalgono al 1420 circa, in occasione dell'incarico conferito a Brunelleschi di "governatore e conduttore" della costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore, mentre la prima documentazione sui pagamenti per i materiali e la lavorazione risalgono all'anno successivo.

Dal punto di vista tecnologico e statico si deduce dal "percorso della catena" che il dispositivo introdotto dal Brunelleschi doveva opporsi ad eventuali spinte in prossimità della base di imposta della cupola, dirette dall'interno verso l'esterno. La catena è quindi ancorata ai costoloni di spigolo ed è incastrata a questi con dei cunei in quercia: questo dispositivo avrebbe obbligato i costoloni principali a collaborare con quelli intermedi nell'opporsi alle spine verso l'esterno. Inoltre un grosso tirante in ferro ancorato alla muratura del costolone di spigolo è reso solidale con la catena da un perno sempre in ferro.
 



L'ingegnosità e l'astuzia del Brunelleschi non si limitarono alla sola introduzione di tale cerchiatura ma anche alla sua manutenzione e riparazione; infatti, per esempio, i tronchi lignei, oppure un qualsiasi altro componente della catena, in previsione di un loro deterioramento potevano essere sostituiti o riparati e quindi la "chatena de chastagni" dava la possibilità di "farsi restaurare".
Prova di tale possibilità di restauro fu l'intervento di Gherardo Silvano che nel 1637 sostituì un elemento e ne consolidò altri. L'ultimo restauro risale al 1825 avvenuto sotto la direzione di Gaetano Baccani.